Antica Pesa: la casa dei romani compie 100 anni

La parola ai fratelli Panella, Francesco e Simone

Nel 1922 a Via Garibaldi 18 c’era una piccola bottega di vino presa in subaffitto dalla famiglia Venditti, composta da madre, padre e 6 figli, due femmine e quattro maschi.
Oggi a quell’indirizzo c’è l’Antica Pesa, istituzione della ristorazione romana: ben aderente al presente, fortemente legato alla tradizione ma sempre diretto al futuro.
Un’istituzione per i romani che lo apprezzano e lo frequentano, ma anche per gli stranieri che non mancano mai di fare tappa in questo tempio del gusto.
Nell’anno venturo l’Antica Pesa compie 100 anni; Anita Venditti, la seconda delle due sorelle sopracitate, dal quale intuito è nato tutto, non c’è più. La sua eredità sì, ed è quanto di più concreto si può visitare e assaggiare oggi in quelle mura, che non sono più una bottega ma non dimenticano la tradizione.
Trastevere, dove risiede, è il cuore pulsante della Roma antica e l’Antica pesa ne diventa l’espressione.

Così per consacrare questi 100 anni è stato realizzato anche un libro dal titolo “100 anni di cucina romana nelle ricette e nella storia dell’Antica Pesa”.
Non si tratta di un ricettario ma di un libro di storia, la storia di Roma di cui quelle mura di via Garibaldi sono state testimoni oculari.
Dai tempi del ventennio fascista, poi la guerra e il dopo guerra con il boom economico, fino ai nostri giorni. L’Antica Pesa e la famiglia Panella hanno assistito ai cambiamenti, alle scosse e alle epoche d’oro di questo secolo trascorso. E’ nato bottega per poi diventare addirittura circolo di letterati e artisti. A cavallo degli anni ’60 e ’70 Rafael Alberti, pittore spagnolo in esilio, che definì Trastevere la vera capitale d’Italia, riuniva all’antica pesa scrittori, letterati, pittori.
Negli stessi anni Pietro, figlio di Anita, prende in mano le redini del ristorante insieme a sua moglie Alessandra, e farà dalla frutta e del pesce i due ingredienti cardine dell’attività. Chi arriva li troverà esposti, di gran qualità, all’entrata.
Il resto è storia recente: i figli maggiori di Pietro e Alessandra, Simone e Francesco porteranno un ritorno alle origini, alla tradizione, con uno sguardo verso l’estero.
Nel 2012 l‘Antica Pesa apre a New York, gestito da Lorenzo il più piccolo dei 3, vincendo la scommessa più importante: portare la tradizione e lo spirito romano oltreoceano.

E’ proprio questo lo spirito che non vogliono perdere i fratelli Panella, come racconta Francesco, il primogenito.
All’estero percepisci lo stesso attaccamento al territorio che avete voi qui con Roma e i romani?
“Noi cerchiamo di trasmettere i valori dell’accoglienza italiana, del ristoratore italiano o romano che sia. La comunità italiana a New York è ampia e tutti i ristoratori cercano di fare la differenza perché l’ospitalità italiana non ha eguali, negli Stati Uniti è tutto più meccanizzato, non c’è quel calore tipico dei ristoranti italiani. New York vive nella ristorazione italiana un momento molto sincero e spontaneo, che facciamo attraverso gli ambasciatori sul territorio, ossia i ristoratori.

E poi gli americani vengono qui, turisti normali o star di Hollywood scelgono l’Antica Pesa…
Per noi l’Antica Pesa è la casa dei romani, un ristorante popolare. Noi siamo felici che il ristorante sia a Roma per i romani, poi tutto quello che accade intorno perché organicamente fai un lavoro fatto bene accade perché accade. Abbiamo un rapporto con Roma molto intenso, un rapporto viscerale che sentiamo tantissimo fin dai primi dell’800. La star americana è un contorno. Il ristorante è un luogo in cui molte famiglie sono venute a celebrare. Per noi l’emozione più bella è sentire un ragazzo di 20 anni dire – io vengo qua perché mio padre si è sposato qua perché mio nonno a sua volta si è sposato qua-. Noi teniamo più a questo che a tutto il resto.

E questo è quello che racconta il libro?
“Il libro è il racconto della storia dell’Italia attraverso la nostra famiglia, una famiglia di ristoratori  che in cinque generazioni si sono passate il testimone.
Siamo andati avanti grazie all’amore e alla forza che abbiamo ricevuto in queste mura che ci hanno trasmesso energia positiva per affrontare sia le cose belle che le cose brutte”.

Che obiettivo vi ponete per il futuro?
“Abbiamo fatto questa Foresta Antica Pesa, partendo con mille alberi che diamo ai nostri clienti attraverso dei menù degustazione o attraverso la fidelizzazione con determinati clienti perché vogliamo fare azioni vere. Si parla sempre di sostenibilità ma si deve essere attivi sul mercato e sul territorio e noi lo abbiamo fatto attraverso questa iniziativa”.

Parlando di futuro, immagini un’altra sede oltre quella di Trastevere per l’Antica Pesa a Roma?
“Trastevere era il centro di Roma tanti anni fa, ha una storia incredibile che si racconta nella prima parte del libro. L’Antica Pesa a Roma deve rimanere nella sua unicità, è una cosa dovuta e una forma di rispetto verso chi ci ha preceduto e anche per chi verrà nel futuro a gestire, qualche erede Panella. Deve essere l’unica Antica Pesa in Italia. Si può e si deve magari continuare ad esportare la romanità e l’ospitalità italiana all’estero come stiamo facendo adesso”.

Simone, secondogenito, è lo chef del ristorante. Lui ci racconta i piatti storici ma anche gli aneddoti dei clienti abituali, una a caso, Madonna. La premessa però è che le richieste più particolari non arrivano solo dalle star, anzi.

Madonna ha dei gusti ben precisi e certe cose non le mangia assolutamente. Ormai io conosco i suoi gusti ma lei si premura comunque di farmi sapere cosa non mangia, i crostacei, alcuni tipi di carne. E ogni volta ci mandano la lista con quello che non tocca.

E qual è il piatto che rappresenta l’Antica Pesa?
“Piatti che ci rappresentano ce ne sono tanti perché in un periodo così lungo ce ne sono stati molti. Un piatto must è la cacio e pepe anche perché ci ricorda i tempi dell’adolescenza e dell’infanzia. Ce ne sono altri che faceva mia nonna 50 anni fa: la vignarola, la trippa, la coda. Poi ci sono cose più creative che puntano sul territorio ma che sono anche più moderne”.

Gli stranieri capiscono appieno la cucina romana?
“Qui a Roma troviamo meno difficoltà che al ristorante di New York perché vengono più aperti mentalmente a provare la cucina romana; a New York abbiamo clienti che in Italia non sono mai stati e immaginano la cucina italiana molto diversa da come in realtà è”.

Qual è il segreto per diventare così grandi?
“Con molta passione che ci portiamo dietro da generazioni. Dalla bisnonna, poi la nonna, poi mio padre, ora noi e chissà chi ci seguirà. Siamo andati avanti giorno per giorno con impegno senza sederci mai sugli allori, mantenendoci sempre moderni, al passo coi tempi, senza dimenticare la tradizione e il punto di partenza”.

 

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